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ANIMP
1973-2013 25°
IMPIANTISTICA ITALIANA
1988-2013



penali di ritardo e di performance più equilibrate, mutavano schema dalla fase di fornitura
dei servizi di ingegneria a quella della realizzazione una volta defnite le basi tecniche di
progetto (Uccelletti, luglio/agosto 2005).
Nuove opportunità tecnologiche e contrattuali disegnavano l’evoluzione dei servizi post
vendita (Salvadori, novembre/dicembre 2005).
Prendeva spazio una sempre maggiore coscienza nella gestione del rischio contrattuale
in relazione all’assunzione di impegni nella fase di stipula e al corretto adempimento in
fase di realizzazione (Maglionico, settembre/ottobre 2006).

“Come siamo” (2008 - 2013)

Nel progettare “sistema” Animp (insieme a Oice e Uami) promuoveva la nascita della Fe-
derprogetti nel 2008 per realizzare politiche di formazione, sostenere il riconoscimento del
ruolo strategico dell’ingegneria nell’internazionalizzazione del Paese attraverso l’impegno
delle istituzioni a elaborare politiche industriali insieme alla nostra fliera, implementare
dette politiche a livello internazionale attraverso le strutture istituzionali nel mondo, pen-
sare politiche fscali adeguate allineate a quelle degli altri Paesi europei per non falsare,
danneggiandola, la capacità competitiva delle nostre aziende (Di Amato, maggio/giugno
2008).
Intanto però entravamo nella peggiore congiuntura economica (ancora perdurante) dal
dopoguerra con una drastica riduzione dei progetti attivi o in fase di pianifcazione, po-
nendoci con maggior determinazione l’obiettivo di perseguire il percorso tracciato con
la nascita di Federprogetti per riunirsi, eccellere nella qualità del prodotto, nel contenuto
tecnologico e di project management (Uccelletti, novembre/dicembre 2009).
Tracciavamo in dettaglio le azioni strategiche nella seria situazione congiunturale per i
settori petrolchimico, oil & gas e power generation (Nava, Isabella, Marchisio, maggio/
giugno 2009).
Un’opportunità nella crisi si prefgurava con lo strumento delle reti di impresa, successi- 127
vamente oggetto di legislazione specifca, per sfruttare economie di scala senza perdere
i vantaggi della specializzazione (Palmieri, Piattoli, maggio/giugno 2009).
In Animp l’interazione con la componente universitaria (Politecnico di Milano) produceva il
dettagliato studio su strategie di acquisto e relazioni coi fornitori (Di Giulio, Micheli, Truc-
co, Bersano, novembre/dicembre 2009).
Il local content assurgeva a “opportunità” (sarebbe più opportuno dire “presupposto”)
improcrastinabile nel 2010 per gli attori della fliera impiantistica.
Intanto la debolezza del sistema Paese si riverberava nell’incapacità della politica nel
coniugare crescita infrastrutturale con gestione del consenso, mentre l’impiantistica italia-
na aveva ampiamente dimostrato disponibilità e capacità verso uno sviluppo sostenibile
(Saraceno, luglio/agosto 2010).
Per un rafforzamento dei rapporti tra EPC contractor e fornitori lungo la fliera dell’impian-
tistica italiana, dopo breve analisi delle attività dei Paesi Bric (Brasile, Russia. India, Cina)
e STIM (Sudafrica, Turchia, Indonesia e Messico), nonché dell’aggressività del “sistema
Paese” della Corea del Sud, concludevamo che la reale implementazione della fliera
richiedeva di superare la logica della “diffdenza reciproca” (un richiamo al mutual trust
menzionato nel 2003), con fornitori capaci di affrontare seriamente i temi della competiti-
vità internazionale e della dimensione aziendale (Di Tata, settembre/ottobre 2010).
Ancora di mutual trust argomentavamo nell’esaminare la necessità di un approccio orienta-
to alla riduzione del rischio complessivo lungo la fliera. Infatti, posto a 100 il totale dei costi
EPC per un impianto, emergeva che la distribuzione media dei costi era determinata per un
50% dall’approvvigionamento dei materiali, con costi diretti prevalenti nelle materie prime.
Le soluzioni erano da ricercare all’interno di due estremi confgurabili:
• massima frammentazione degli attori con moltiplicazione delle contingencies tese
alla riduzione dei rischi e conseguente abbattimento della competitività complessiva;
• profonda integrazione verticale (modello coreano mutuato da sistema IRI italiano?),
generatrice di scarsa fessibilità a potenziale discapito di trasparenza e competitività.
Escluso per motivi storici il percorso verso il secondo estremo, rilevavamo come punti di
forza della fliera italiana potessero essere la presenza e il radicamento di tutta la catena di
valore e l’eccellenza riconosciuta nel know how degli attori nei vari segmenti.
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