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PRIVATIZZAZIONI
Siderurgia italiana
Da asset strategico a problema
(apparentemente irrisolvibile)
Il caso dell’ex Ilva. Europa e grandi volumi all’esportazione. Il punto di
Dalla gestione del Gruppo Riva al svolta arrivò nel 2008, quando la crisi economica
mondiale fece crollare drasticamente la domanda
commissariamento e all’arrivo dei di acciaio e dei prezzi, con pesanti riflessi sui
franco-indiani di Arcelor-Mittal. bilanci societari. Alle difficoltà economiche che si
La produzione dell’acciaio in Italia andavano accentuando negli anni successivi, nel
corso del 2012 si sommarono i problemi giudiziari
tra sviluppo, crisi, impegni promessi e connessi con l’inquinamento ambientale generato
risposte disattese. E la storia continua dalla produzione nello stabilimento di Taranto, che
portarono al commissariamento dell’azienda e alla
messa in accusa della proprietà e della dirigenza in
forza.
Egidio Delchi, consulente Federmanager Il commissariamento, e l’attività della magistratura
Gianfranco Tripodo, Centro Studi ANIMP volta a tutelare il territorio dall’inquinamento,
portarono a una drastica contrazione dei volumi
prodotti, le perdite gestionali aumentarono e, a inizio
l processo di privatizzazione dell’ILVA è iniziato 2015, ILVA entrò in Amministrazione Straordinaria. Nel
nella seconda metà degli anni ’90, praticamente 2018, dopo un lungo processo di selezione, le unità
nel periodo in cui la Cina si stava affacciando produttive ILVA e cioè Taranto, Genova-Cornigliano
sullo scenario economico mondiale. Agli inizi la e Novi sono passate sotto la gestione del Gruppo
stagione privata portò un periodo di tranquillità franco-indiano Arcelor-Mittal (AM), che le ha prese
Iin quella che era stata la siderurgia pubblica in carico con l’obbligo di acquisirne la proprietà una
italiana. La gestione degli stabilimenti di Taranto, volta conseguita la nuova Autorizzazione Integrata
Genova-Cornigliano e Novi da parte del Gruppo Ambientale (AIA). Parte fondante dell’accordo era
Riva vide anni di bilanci in attivo, con produzioni, un piano industriale con investimenti per 2,4 miliardi
vendite e quote di mercato in crescita in Italia, in di euro (di cui 1,15 per adeguamento ambientale),
con l’obiettivo di riportare subito la produzione a
6 milioni di t/a per poi salire a 8 milioni nel 2024.
Causa una congiuntura di mercato particolarmente
sfavorevole, uno stato degli impianti e una gestione
ben più deteriorati del previsto, nei primi 9 mesi del
2019 il piano si è rivelato inattuabile. AM ha rimosso
il Ceo e gran parte del suo staff, per nominare un
nuovo amministratore con l’incarico, non dichiarato
ma chiaramente perseguito nei comportamenti, di
gestire il disimpegno di AM da ILVA, minimizzandone
gli esborsi finanziari.
Questo nuovo scenario è quanto il nostro Governo
deve oggi fronteggiare con grande difficoltà, sia
perché deve reimpostare un complesso percorso di
recupero e rilancio (che peraltro continua a dichiarare
essere il suo obiettivo), sia perché l’ILVA, trovandosi
in Amministrazione Straordinaria, presenta una
situazione operativa particolarmente delicata.
Quest’ultima, infatti, ha in carico la proprietà degli
assetti produttivi che AM sta ancora gestendo, ma è
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